“Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze”
Questa è la frase che definisce l’obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030, dedicato proprio alla parità di genere in tutte le società del mondo. Un obiettivo ambizioso, ma necessario, che può essere visto da molte prospettive complementari. Welfare aziendale, imprenditoria femminile, occupazione lavorativa, parità salariale, accoglienza delle donne vittime di violenza, paradigmi culturali sono solo alcune delle tante sfaccettature che la questione femminile porta con sé.
Quello delle pari opportunità è un tema molto analizzato e trattato, ma che chiede ancora di essere affrontato, vista la sua urgente attualità. Pari opportunità: un’espressione ormai spesso sostituita da “parità di genere”, ma che in realtà cela un significato forse più ricco, evocativo e aderente alle reali esigenze della società e del mondo femminile. Garantire pari opportunità significa infatti farsi carico degli strumenti che donne e uomini dispongono per poter arrivare allo stesso punto del percorso di vita e di carriera. Oggi le esigenze possono variare molto da donna a uomo, ma è proprio la conoscenza di quelle esigenze che, in un secondo momento, deve determinare la tutela degli strumenti necessari a muoversi nel mondo sociale, lavorativo, economico e domestico.
Perché le donne fanno ancora fatica ad arrivare a posizioni apicali? Perché le donne si trovano spesso a scegliere tra lavoro e famiglia?
Queste sono domande importanti, che però racchiudono in sé una questione ancora più complessa: le donne e gli uomini hanno le stesse possibilità di arrivare a posizioni apicali e di conciliare vita privata e lavorativa? Le diverse esigenze degli uni e delle altre sono prese in carico dal mondo sociale e politico? Queste sono le questioni da cui occorre partire per arrivare a una vera e propria equità. Non uguaglianza, che non può esistere, ma equità: dare strumenti analoghi a donne e uomini, affinché nessuno sia più avvantaggiato nella corsa verso il medesimo obiettivo.
Imprenditoria piemontese
Secondo i dati diffusi da Unioncamere Piemonte alla fine dello scorso anno, nel 2023 le imprese femminili nella regione ammontavano a circa 94.690, un numero che è diminuito negli anni in proporzione al progressivo ridimensionamento che ha coinvolto il tessuto imprenditoriale regionale nel suo complesso. Con questo numero, il Piemonte si pone così al sesto posto in Italia per la percentuale delle imprese guidate da donne. Una posizione piuttosto buona che viene confermata anche a livello europeo, dove la nostra regione si attesta al nono posto per l’occupazione indipendente e l’imprenditoria femminili, con 113.000 donne occupate o lavoratrici autonome.
Dati positivi e che lasciano ben sperare, ma che vanno incrociati ai dati relativi a natalità e mortalità delle imprese femminili. Il 2023 ha visto nascere in Piemonte meno realtà amministrate da donne di quante, invece, ne sono cessate: il Registro Imprese delle Camere di Commercio piemontesi ha registrato, infatti, 5.836 iscrizioni di nuove imprese (49 in meno rispetto al 2022), a fronte delle 6.293 che hanno invece posto fine alla propria attività (124 in più rispetto al 2022, valutate al netto delle cancellazioni d’ufficio). Il saldo tra i due flussi è risultato, così, negativo per 457 unità, traducendosi in un tasso di crescita del -0,5%.
Discriminazioni e violenze
I centri accreditati D.i.Re che supportano e accolgono le donne vittime di violenza mostrano che le utenti hanno generalmente un’età compresa tra 30 e 49 anni, sono prevalentemente italiane e sono vittime di violenza psicologica, fisica ed economica. Allo stesso modo, gli autori delle violenze sono spesso sotto i 59 anni di età e per la maggior parte di nazionalità italiana.
Interessante notare che nel 30% dei casi le donne vittime di violenza non hanno un’indipendenza economica: un dato che va incrociato con quelli relativi al rapporto tra finanza e mondo femminile, che mostra che meno del 70% delle donne italiane si dichiara economicamente autonoma. La possibilità di disporre liberamente del proprio denaro (o di quello del proprio partner, nei casi di conti cointestati) non sembra per nulla ovvia. Si tratta di una forma di violenza silente, che talvolta può essere presentata come normale o, anzi, per certi versi vantaggiosa. Una violenza edulcorata, così come lo è, ad esempio, la violenza verbale, che solo in rari casi muove la donna alla denuncia.
Cambiare paradigma culturale
Il fenomeno discriminatorio e violento va certamente inserito in un contesto di ancora poca sensibilità al tema o, comunque, ancora molto legato al modello dell’uomo prevaricante.
Il primo passo per riconoscere questo ostacolo e andare verso un rispetto della persona nel suo complesso è senza dubbio la consapevolezza. La consapevolezza di vivere in una società ancora spesso cieca di fronte alla disparità, che non sempre sa smascherare le opportunità degli uomini come veri e propri privilegi diventati ormai consuetudini.
Per muovere alla consapevolezza occorre munirsi di un repertorio ricco di strumenti che vada a intercettare proprio la cittadinanza e la comunità con modalità innovative ed efficaci. Da questo punto di vista, l’arte contemporanea, ad esempio con performance e contest, può essere un ottimo canale di comunicazione. Attraverso laboratori creativi e di analisi spesso può emergere il sommerso, e si può fare un’opera importante di sensibilizzazione.
Occorre poi progettare percorsi di formazione e di approfondimento, coinvolgendo il mondo tanto del privato quanto del pubblico, affinché vi sia un’opera congiunta per la costruzione di una società più equa e rispettosa, ma anche più ricca. Ricca di una complementarietà di contributi, punti di vista e visioni che arrivano tanto dalla cultura maschile quanto da quella femminile. Perché una società davvero inclusiva e paritaria non può che avere beneficio dall’equità.
La cooperazione in Piemonte
Al 31 dicembre 2023, le imprese aderenti a Confcooperative Piemonte contano circa 150.000 soci, di cui il 50% è donna. Gli occupati totali sono 35.800, di cui quasi il 65% è costituito da donne, percentuale che mostra quanto il mondo della cooperazione piemontese sia vissuta e sentita dalla compagine femminile. Nello specifico, l’occupazione di lavoratrici donne è intorno al 50% in particolare nell’ambito culturale, sanitario, sociale e di consumo.
Socie, lavoratrici, rappresentanti e amministratrici: ruoli che nel mondo della cooperazione vengono ricoperti in percentuali comunque molto buone anche da donne, nonostante occorrano ancora determinazione, audacia e attento monitoraggio.