È possibile bilanciare semplificazione, efficienza e trasparenza nel mondo degli appalti pubblici? E immaginare una nuova stagione che veda finalmente la collaborazione tra stato, imprese e sindacato con lo scopo di perseguire l’utile sociale, senza dimenticare la dignità del lavoro?
Il nuovo codice dei contratti pubblici
La pubblicazione, un anno fa, del nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. N. 36/2023), può essere letta come un l'inizio di un nuovo percorso in questa direzione. Il Codice rappresenta un importante giro di boa in merito alla normativa che regolamenta il rapporto tra la pubblica amministrazione e le società incaricate di svolgere lavori, servizi e forniture. Si tratta di una novità che interessa direttamente il mondo delle cooperative in tutte le sue federazioni e che apre, appunto, nuovi scenari di collaborazione tra stato, imprese e sindacato.
Con lo scopo di superare il codice del 2016 in vista di un ammodernamento del sistema e di una maggiore velocità ed efficienza nelle procedure di assegnazione, sono state introdotte importanti novità riscontrabili soprattutto nei principi generali contenuti nella parte prima del titolo I del Codice, che hanno segnato la fine della cultura del sospetto.
Tra questi, il più rivoluzionario è sicuramente il principio della fiducia, enunciato nell’articolo 2. Rispetto al precedente approccio basato prevalentemente su un sistema di vigilanza e controllo, il legislatore ha voluto improntare il rapporto tra pubblico e privato sui valori del dialogo, della collaborazione e della fiducia reciproca. In queste idee trova sicuramente una consonanza il mondo della cooperazione che da sempre mette al centro del proprio operato la relazione sinergica di più forze in vista del raggiungimento di un obiettivo.
In questo senso, infatti, è bene considerare che anche nel nuovo codice la fiducia non è un principio fine a se stesso ma va inteso in stretta correlazione con il principio del risultato, espresso nell’articolo 1. Enfatizzare l’importanza del risultato significa non fermarsi all’aggiudicazione della gara, ma porre attenzione anche all’esito dell’opera compiuta, che deve essere svolta nell’interesse della comunità. In quest’ottica assumono nuovi significati anche i concetti di “verificabilità”, intesa come responsabilità per i risultati conseguiti, e “concorrenza”, da interpretare come strumento per accrescere la qualità del lavoro, non solo per diminuire i costi.
Altro elemento essenziale introdotto dal Codice, per quanto concerne la tutela del lavoro, è il principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore, ovvero l’obbligo per le società appaltanti di applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni oggetto del contratto. Anche in questo caso si tratta di un intervento che interessa direttamente il mondo delle cooperative e fa sperare in un contrasto alla cooperazione spuria che ha di mira solo l’abbassamento del costo del lavoro. L’obbligo introdotto dallo Stato, infatti, dovrebbe costringere i privati a contrattare sulla base di un prezzo del lavoro congruo con il CCNL, principio per il quale Confcooperative si è sempre battuta in tutte le filiere, dalla logistica, alle costruzioni, alla ristorazione.
È apprezzabile in questo senso l’intervento dello Stato che non si limita più a guardare dall’alto le relazioni tra privati o tra imprese e corpi intermedi, ma mette ordine nei rapporti tra le imprese che affidano i servizi e quelle che li eseguono, evitando una corsa al ribasso nel costo del lavoro.
Con un occhio alla cooperazione piemontese, è possibile immaginare, da questo punto di vista, una ricaduta positiva anche per le cooperative di comunità che, nascendo in territori di dimensioni ridotte e poco collegati alle città come ad esempio quelli montani, si impegnano ad offrire ai cittadini un ventaglio di servizi afferenti a svariati CCNL. Grazie al nuovo codice, si aprono spiragli di collaborazione col sindacato, al fine di intraprendere percorsi comuni non antagonistici.
L’obbligo da parte delle stazioni appaltanti dell’indicazione del CCNL di riferimento all’interno dei bandi di gara è un grande risultato. Crediamo molto nello sviluppo positivo di questa cultura di rigore del rispetto delle regole e auspichiamo che possa diffondersi anche nel mondo del privato.
Pur apprezzando le importanti novità introdotte dal Codice, rimane tuttavia da sciogliere il nodo riguardo alla liberalizzazione degli appalti sottosoglia, ovvero la possibilità di assegnare direttamente appalti fino a 3,5 milioni di euro, sempre rispettando il principio della rotazione delle imprese.
L’obiettivo di un equilibrio tra rapidità, efficacia e legalità è sicuramente ambizioso e si dovranno attendere i primi esiti dell’applicazione del Codice per giudicarne i risultati, ma la riforma in questione ha sicuramente dato una prima risposta a un bisogno fondamentale del nostro Paese. È necessaria una programmazione strutturale delle risorse messe in campo per la gestione dei servizi offerti pena la loro non sostenibilità e la perdita di quella visione che colloca il cittadino al centro del servizio pubblico.
In tema di salari, nessun altro come la cooperazione è consapevole del problema, purtroppo reale ed evidente, del potere di acquisto dei lavoratori italiani. Non fosse altro perché i nostri sono soci e lavoratori allo stesso tempo. Il concetto di “salario minimo”, però, non esaurisce il problema. La retribuzione è solo una parte del salario ed è dunque fondamentale rafforzare il ruolo della contrattazione per far emergere soluzioni che affianchino alla parte economica di un “salario giusto” anche la parte normativa tipica dei CCNL. Ci auspichiamo, da questo punto di vista, ch vengano presto concretizzate politiche del lavoro attive che incentivino assunzioni e sgravi fiscali a favore delle retribuzioni più basse.
Tutto ciò richiede, chiaramente, di dare spazio solamente alla rappresentanza vera, tanto da parte datoriale quanto da parte sindacale.
Nuovo Codice degli appalti e tema del salario giusto e politiche del lavoro incentivanti sono solo degli esempi di situazioni in cui l’amministrazione pubblica può coinvolgere chi, come le nostre cooperative, vuole coniugare l’attività imprenditoriale con giuste retribuzioni e condizioni di lavoro.
Impegnarsi per un riconoscimento a tutto tondo del lavoro e dei lavoratori fa da sempre parte della vocazione del mondo cooperativo, lungimirante e davvero aderente ai bisogni della generazione presente e futura.